Storia

“Facciamo corna!” 13 superstizioni popolari e le loro origini

“Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”

Eduardo De Filippo

In Nigeria si pensa che se un uomo viene colpito sui genitali con una scopa diventerà impotente: percuotere per 7 minuti l’aggressore con la stessa scopa, però, annullerebbe l’effetto della maledizione. I cinesi evitano di piantare le bacchette in verticale nelle ciotole di riso perché il gesto ricorda l’atto di bruciare incenso per commemorare un defunto. In Brasile moltissimi abitanti evitano di poggiare la borsa sul pavimento perché potrebbero perdere un sacco di soldi.

“Io non ci credo, ma nel dubbio…corna!”.

In questo articolo ripercorriamo le origini di 13 superstizioni popolari. Perché si dice che un gatto nero che attraversa la strada porta sfiga? E perché sarebbe meglio non passare sotto una scala?

I riti scaramantici nascono come leggende popolari o, più spesso, attingono a episodi e fatti della vita quotidiana di un tempo. Curiosi?

A voi 13 superstizioni e i loro “perché” 😉

1. Lo specchio rotto

Nella storia di moltissime culture, lo specchio è considerato un oggetto magico per la sua proprietà intrinseca di “duplicare” ciò che vi si riflette. I romani, per esempio, credevano che attraverso gli specchi fosse possibile osservare cosa avveniva lontano, ai confini più remoti dell’Impero.

Il primo specchio “moderno” fu prodotto a Murano nel XIV secolo. Tempo addietro, si adoperavano lastre di metallo o bronzo perfettamente lucidate; più semplicemente, si poteva ricorrere alla superficie dell’acqua. I primissimi specchi veneziani erano molto costosi e per lungo tempo furono alla portata delle sole classi medio-alte. Per evitare che domestici maldestri facessero cadere rovinosamente questi preziosi beni di lusso riducendoli così in mille pezzi, i padroni di casa diffusero tra i servi la voce che rompere uno specchio avrebbe comportato disgrazia e sfortuna. Più precisamente, iella per 7 anni. E perché proprio sette? Nella cultura romana era diffuso il pensiero che il ciclo della vita di uomo si rinnovasse proprio ogni sette anni 😉

2. Il gatto nero

Si dice che quando un gatto nero ci attraversa la strada, si debbano fare tre passi all’indietro prima di poter riprendere il cammino, o aspettare che passi qualcun’altro che attiri a sé la sfiga. Avvezzo alla vita notturna, in molte culture il felino domestico è spesso stato additato come fedele compagno del demonio e, più in generale, di entità oscure. Nel 1233 Papa Gregorio IX emanò addirittura una bolla con la quale autorizzava lo sterminio di questi animali.

Alla base della credenza popolare vi è una spiegazione laica: i gatti neri, di notte, si mimetizzavano perfettamente con l’oscurità (complice uno scarso sistema d’illuminazione) e non era raro che i loro occhi gialli spaventassero i cavalli di passaggio! Cocchieri e cavalieri dunque sviavano prontamente se si accorgevano del felino, o lo maledivano con i conoscenti quando non avevano potuto evitare l’incidente.

3. La scala

Almeno una volta nella vita capita a tutti di aggirare una scala appoggiata a un muro. “Non ci credo, ma non si sa mai”. La scaramanzia ha origine medievale e ha due versioni, una religiosa e una laica. Una scala addossata a una parete forma un triangolo che, nella fede cristiana, rappresenta la santa e inviolabile Trinità. Per molti superstiziosi passarvi sotto è considerato un affronto al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Ma la scala è un simbolo che ricorre anche in altre culture antiche! Per gli egizi, ad esempio, il dio Orus conduceva attraverso essa i defunti in alto, verso la luce eterna. La scala rappresentava per questo popolo la chiusura di un ciclo vitale. Secondo le parole di Maometto, poi, le anime dei morti sono destinate a raggiungere Allah percorrendo una scalinata.

In molte civiltà è quindi radicata l’dea che sia bene non passare sotto una scala per evitare di attirare a sé l’ira divina. La spiegazione laica della superstizione ha invece genesi militare: un tempo, infatti, dalle mura dei castelli e delle fortezze si rovesciavano olio e pece bollente sulle nuche dei nemici che usavano proprio le scale come strumento d’assedio. Insomma, era meglio tenersene alla larga!

4. Toccare ferro

Ma bisognerà pur proteggersi dalla sfiga? Secondo una vetusta credenza popolare, per scongiurare la sfortuna in agguato basterebbe toccare ferro. Meglio ancora, un ferro di cavallo. La leggenda narra che un giorno il diavolo in persona si presentò alla porta di un santo inglese, San Dunstiano, e chiese al pio uomo di ferrare per lui un cavallo. Astutamente, il santo riuscì invece a ferrare gli zoccoli del satanasso al pavimento. In cambio della libertà, san Dunstiano gli fece promettere che non avrebbe varcato la soglia di una qualunque casa sulla cui porta fosse stato esposto un ferro di cavallo. Questo oggetto, e per estensione il materiale di cui è fatto, sono diventati popolari simboli di protezione contro il demonio e la sfortuna. Nei Paesi del nord è bene invece “toccare legno” per via degli spiriti buoni che abiterebbero, secondo mitologia e favole, alcuni particolari alberi.

5. “Facciamo corna!”

Se non avete a portata di mano oggetti di ferro o legno, potete sempre fare corna 😉

Il corno è anticamente un simbolo fallico che rappresenta virilità e, per analogia, forza. Non solo: gli animali che ne sono dotati usano le corna come arma di difesa e sono in genere mammiferi considerevolmente prestanti. Il gesto di mimare le corna evoca quindi il vigore e la veemenza necessarie ad allontanare il male e la sfiga. L’origine del celeberrimo cornetto rosso (che per tradizione va solo regalato, e mai acquistato per se stessi) affonda le radici nel medesimo terreno folkloristico.

6. Guardarsi negli occhi durante un brindisi

L’idea che non guardarsi negli occhi durante un brindisi in compagnia porti sfortuna nasce da un antico accorgimento tra commensali. Durante i banchetti, in epoca medievale per lo più, il sospetto che qualcuno avrebbe potuto avvelenare i calici portava i convitati a scrutare attentamente i vicini di tavolo. Cin-cin!

7. Non appoggiare il cappello o la borsa sul letto

Quante nonne inorridiscono quando poggiate berretti e borsette sul letto? Questo gesto evoca cattivi pensieri. Medici e preti che, chiamati con urgenza, giungevano al capezzale di moribondi e ammalati spesso lasciavano nella fretta del momento borsa e cappello sul letto dell’assistito. Si tratta quindi di un’immagine che rammenda brutti momenti. Un episodio della quotidianità si è trasformato in simbolo di sfortuna per l’occupante del letto incriminato.

8. Aprire l’ombrello in casa

Nell’antica Roma quest’oggetto veniva usato per ripararsi sia dalla poggia che dal sole. In particolare, all’epoca si pensava che chi apriva un ombrello in casa non dimostrava sufficiente rispetto al dio Sole.

La scaramanzia dell’ombrello aperto in casa ha tuttavia altre due possibili interpretazioni più vicine al nostro tempo. Secondo la prima, l’idea di aprire un ombrello in un luogo intimo, e in cui non vi è necessità di farlo, ricorda il baldacchino tenuto alto sulla testa del prete che portava l’estrema unzione ai defunti. C’è poi chi riconduce la superstizione a un espediente delle classi povere che, per riparare perdite o finestre rotte, si arrabattavano con ombrelli di ogni colore e dimensione. Aprirli in casa, dunque, porterebbe agli inquilini scarogne finanziarie.

9. Mai mettere il pane capovolto in tavola!

Mio padre mi riprende puntualmente se per disgrazia, tagliando il pane, lo lascio capovolto in tavola per più di microsecondo. Per la Chiesa, l’alimento simboleggia l’aggregazione cristiana: è dunque irrispettoso, per chi crede, poggiarlo sulla tavola al rovescio. Riguardo questa diffusissima scaramanzia popolare, vi è anche una leggenda storica che ruota attorno alla figura del boia.

I boia vengono spesso dipinti come essere crudeli e violenti che incutono paura. In realtà, questi carnefici erano emarginati dalla società e venivano scherniti dal popolo alla prima occasione utile. I panettieri, per dirne una, porgevano quotidianamente loro il pane al rovescio in simbolo di disprezzo. Si narra che l’ultimo boia della città di Torino, Piero Pantoni, arcistufo dello scherzo di cattivo gusto, riuscì a ottenere dalle autorità l’ordine che i fornai, per legge, porgessero a tutti il pane “al contrario”. Astuti fornai, quindi, aggirarono la prescrizione inventando il pan bauletto, il quale ha pressoché la forma di un mattone smussato di cui è difficile distinguere il sopra e il sotto.

10. Rovesciare il sale

Molti popoli antichi consideravano il sale – elemento prezioso per conservare a lungo generi alimentari soggetti a rapido deterioramento – un ingrediente sacrosanto e magico. I romani, per esempio, lo usavano durante rituali sacri e lo porzionavano per pagare i soldati (da qui, il termine “salario” 😉 )

Usavano inoltre cospargerlo, per costume, sulle rovine delle città distrutte poiché non si erano volute piegare al volere dell’Impero. Il sale, infatti, lede alla fertilità del terreno e impedisce la sua prosperità. Quando viene accidentalmente rovesciato si pensa dunque che attiri povertà e miseria. A lungo andare, tra i fedeli della religione cristiana si è radicato il pensiero che la disgrazia attiri sulla spalla di chi rovescia il sale il demonio: sarebbe bene, dunque, raccogliere il sale da terra e buttarsene alle spalle (meglio se a sinistra) tre pizzichi.

11. “Alza i piedi che sto passando la scopa, se no non ti sposi”

Frase gettonatissima dalle mamme – e dai papà, perché no – durante le faccende domestiche. Per le ragazze “da maritare” la scopa passata sui piedi porterebbe male. All’origine, l’idea che una donna che compie inavvertitamente questo gesto dimostra di essere poco raccomandabile perché scarsa nelle faccende.

12. “Occhio, malocchio…”

...prezzemolo e finocchio! Il malocchio è forse la superstizione più radicata nell’immaginario collettivo e concerne il potere che lo sguardo avrebbe di produrre effetti negativi sulla persona osservata.

Tra i rimedi contro il malocchio ricordiamo il toccarsi i genitali o “fare corna” (rievocazione di forza e virilità necessarie a combattere la sfiga), sputare per terra (gesto purificante), il segnarsi per tre volte con l’aglio (3, numero della Santa Trinità, e l’aglio perché ritenuto strumento utile a combattere il demonio) e il famoso rituale tramandato di generazione in generazione che ha per protagonista l’olio.

La paura del “malo occhio” è diffusa in tutto il mondo. All’origine, secondo gli studiosi, l’arcaico stupore dei primitivi che vedevano riflessa la loro stessa immagine nella pupilla di un interlocutore. Non dimentichiamo che meno di un secolo fa gli uomini di alcune tribù africane trasformarono lo sbigottimento per la fotografia nella paura che fosse stata rubata l’anima ai soggetti ritratti! 😉 È interessante a tal proposito l’uso del kajial egiziano (l’antenato del mascara): uomini e donne ricavavano dall’antimonio, un metallo, questa sostanza con la quale disegnavano attorno agli occhi, a mo’ di protezione, dei segni concentrici. Il principio è lo stesso per cui i giocatori di football americani, prima di giocare una partita, usano il grasso animale per sporcare il contorno occhi. Il grasso, come il kajial, assorbe la luce e ne diminuisce il riverbero. Secondo gli egizi era più difficile che le maledizioni raggiungessero il corpo passando per gli occhi 😉

13. La scaramanzia del numero 13

Inutile dire che in altre parti del mondo questo numero porta bene! In America, per esempio, la cifra rammenda le prime 13 colonie fondatrici della Nazione (per questo sul retro della banconota da un dollaro la piramide raffigurata conta tredici scalini e l’aquila, simbolo degli USA, tiene tra gli artigli tredici frecce e un ramo d’ulivo con tredici piccole foglie).

Altrove, invece, porta sfortuna il sedersi a tavola in tredici – idea dietro la quale si cela l’episodio cristiano dell’Ultima Cena, con designazione di Giuda come tredicesimo commensale – e in particolar modo quando sul calendario il 13 cade di venerdì, giorno in cui sarebbe stato crocifisso Gesù Cristo.

Quando però mi chiedono perché il 13 porti sfiga, preferisco ricorrere a una spiegazione decisamente più profana. Secondo un’antica leggenda norrena, nel Valhalla Odino organizzò un banchetto per dodici divinità. Loki, il dio della grande astuzia e degli inganni, vi si imbucò come tredicesimo a tavola seminando discordia tra i commensali e godendo di fronte a quello che riuscì a scatenare. Una violenta lotta tra i commensali causò infatti la morte di uno degli dei.

E voi? Quali altre superstizioni conoscete? Scrivetecelo nei commenti 🙂

Intanto, sempre “nel dubbio”, vi lascio con una formula magica a cui ricorrere in caso di emergenza 😉

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