Letteratura

Giacomo Leopardi e il caso Schulz

giacomo leopardi ritratto conoshareGiacomo Leopardi: fiore all’occhiello dell’Ottocento italiano e una delle figure più importanti della letteratura mondiale.

Ricorderete i titoli di alcune delle sue poesie più famoseA Silvia, L’infinito, La sera del dì di festa – la celebre teoria del piacere e il concetto di infinito leopardiano. E se vi dicessi Il tramonto della luna? Non tutti sanno che si tratta dell’ultimo componimento scritto dal nostro Giacomo Leopardi poeta, e che il canto in questione – pubblicato postumo – alzò un gran polverone! Durante tutto il corso del ‘900 autorevoli filologi scesero in campo per indagare su un oscuro mistero, calandosi nei panni di veri e propri investigatori.

Torre del Greco Napoli conoshare L’antefatto
Nel 1836 Giacomo si trovava presso Villa Ferrigni (Torre del Greco) sulle pendici del Vesuvio, dove si era recato da Napoli per fuggire a un’epidemia di colera. Lo accompagnavano il caro amico Antonio Ranieri – letterato napoletano conosciuto a Firenze – e sua sorella Paolina. Qui i due amici cominciarono a lavorare insieme ad una nuova edizione dei Canti che, pubblicati nel 1835, avevano lasciato insoddisfatto l’autore. Non avendo a disposizione i moderni strumenti degli scrittori di oggi, Giacomo si adattò alla prassi del tempo: prese in mano una copia di scarto del libro pubblicato e riportò a penna variazioni e aggiunte sull’indice dell’opera. Tra le pagine 158 e 159 inserì poi un fascicolo manoscritto (redatto cioè a mano) contenente due componimenti inediti scritti proprio in quegli ultimi anni di vita: Il tramonto della luna e La ginestra. La prima poesia è autografa, è scritta cioè interamente di pugno dall’autore. Gli ultimi sei versi sono invece apografi: la mano è quella di Ranieri, che copia da un originale non conservato. La ginestra è totalmente apografa, e viene trascritta ancora una volta dall’amico napoletano.

Leopardi non riuscì a pubblicare la nuova edizione dei Canti perché si spense a Napoli all’età di 39 anni il 14 giugno del 1837, ma Ranieri continuò il suo operato e nel 1845 pubblicò presso l’editore fiorentino Le Monnier l’edizione definitiva e postuma dei Canti proprio sulla base di quella copia di scarto.

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L’arma del delitto e il capo d’accusa
Come succede ancora oggi quando una star si spegne improvvisamente, le notizie biografiche su Leopardi cominciarono a trapelare e ad accumularsi in maniera frammentaria. A fare un po’ di ordine provvide Heinrich Wilhelm Schulz, studioso tedesco di storia dell’arte che ebbe modo di conoscere e frequentare il recanatese e Antonio Ranieri durante il soggiorno a Napoli, raccogliendo molte informazioni utili e inedite. Schulz scrisse un importante saggio monografico su Leopardi dal titolo Giacomo Leopardi. Vita e opere e lo pubblicò sulla rivista «Italia» nel 1840.

Il saggio generò e alimentò le discussioni attorno alla natura degli ultimi sei versi apografi del Tramonto della luna. Schulz dichiarò infatti che appena due ore prima di morire il poeta lo pregò di trascrivere sotto dettatura quei versi, ragion per cui si affrettò a renderli pubblici. Ciò che maggiormente colpì fu la variante «Giovanezza» forma difficilior più complessa e più frequente nei Canti rispetto a «Giovinezza», che leggiamo invece nei versi del Ranieri.

Quello che in apparenza può sembrare un dato quasi insignificante, in filologia assume un’importanza enorme, perché gli studiosi del campo hanno come obiettivo quello di rendere l’ultima volontà dell’autore, e in questo caso le cose si complicano in mancanza di autografi. Chi dice il falso, chi il vero? Schulz stava arrogandosi il diritto di pubblicare velocemente quei versi mandando a monte l’operato dei due?

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Il caso Schulz: l’indagine e la soluzione
Per far luce sull’intera questione è necessario integrare i fatti filologici con le notizie biografiche introducendo il punto di vista di Ranieri, considerato lo stretto rapporto d’amicizia tra i due che durò fino alla morte del poeta. Schulz riferì di aver visitato Leopardi la sera del 13 giugno 1837, per prendere da lui commiato. Aggiunse poi di essere tornato il 14 giugno, proprio nell’arco di tempo in cui Ranieri e le sorelle sarebbero state occupate nei preparativi della partenza prestabilita verso Napoli. Appare alquanto strano il fatto che Schulz sia tornato il giorno seguente alla prima visita, essendosi già accomiatato, e che proprio in assenza di Ranieri sia riuscito a farsi dettare gli ultimi versi del Tramonto della luna. Tutto ciò appena due ore prima della morte del poeta, a cui parrebbe che egli abbia assistito di persona. Ma Ranieri non menziona in alcun modo la presenza del tedesco in nessuno degli scritti che raccontano gli ultimi istanti di vita dell’amico. Al contrario, la esclude in una lettera indirizzata a Vieusseux del 21 maggio 1946: «il Leopardi morì fra le braccia mie e de’ miei e di nessun altro». Ed è inverosimile che Ranieri abbia escluso Schulz dagli eventi per motivi personali, dal momento che sarebbe potuto essere una spalla di conforto e un prezioso testimone  circa le cause del decesso, ad oggi ancora non chiare.  Ranieri poi in un’altra lettera afferma di aver dato lui stesso la notizia della morte di Giacomo Leopardi a Schulz. Infine, nello stesso saggio del tedesco la data della morte è indicata erroneamente come 27 giugno 1837.

Dunque, se Schulz ha visitato Leopardi, lo ha fatto il giorno antecedente alla sua morte e i sei versi che riporta nel saggio non furono composti dal poeta sul momento ma trascritti, copiati cioè da un’altra fonte non pervenuta.

Risolto il caso Schulz, è lecito domandarsi se gli ultimi sei versi apografi in questione siano stati dunque dettati da Leopardi a Ranieri. Negli scritti del napoletano si allude sempre a una composizione antecedente alla morte di Leopardi, ed è inverosimile pensare che il poeta abbia potuto dettare all’amico i sei versi finali di un componimento così lungo e importante senza averne gettato giù alcuno schema o abbozzo. Leopardi deve quindi aver composto per intero il Tramonto della luna e La ginestra nel primo periodo di soggiorno a Napoli (aprile – giugno 1836), in primavera e quando il suo animo non era turbato dalla malattia, piuttosto che nel secondo periodo (agosto 1836 – giugno 1837). Ranieri riscrisse semplicemente gli ultimi sei versi copiandoli dall’autografo non pervenuto.


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© RIPRODUZIONE RISERVata

Chiara Maraviglia

4 commenti

  • filorossoart

    Premetto che ho amato Giacomo Leopardi in gioventù come altri poeti nostri italiani più o meno indigesti alla politica attuale e della prima repubblica sconsiderandoli spesso e scomunicandoli delle classi scolastiche quando a mio avviso invece, non ce n’è uno che non abbia portato onore alla storia e cultura d’Italia. Ma si sa, i poeti, proprio perché astuti il lettere, per i militari sono sempre stati scriba Porta Lettere, ovvero, criptatoti e decriptatoti di messaggi in codice nelle Corrispondenze tra le ambasciate statali. Il Poeta se era abile in questo mestiere veniva utilizzato sia dallo Stato che dalle Avanguardie assaltatrici delle furerie militari e Ministeri di Stato altrui.
    Perché ho anteposto questa premessa a ciò che segue?
    Perché Leopardi essendo un uomo di Lettere, vagliava la corrispondenza politica dei giornalisti (allora in voga) per scovare eventuali spie introdottesi per depistare o far passare messaggi criptati utilizzando le risorse altrui. I giornali avevano una grande tiratura presso la borghesia industriale dell’ottocento e stesso era l’unica fonte informativa degli eventi internazionali.

    Come vedremo, Leopardi verrà ingaggiato per la preparazione e creazione di una rivoluzione politico militare di grande portata che chiameremo in Italia nella secondà meta dell’ ottocento: Risorgimento. Come sempre , le rivoluzioni cominciano in un verso e finiscono nel verso nascosto pilotate dai subdoli e intelligenti Cosmopoliti, una sorte di massoneria nelle massonerie, quindi mimetizzata tra i vessilli di tutti gli stati ove tramano.

    Dell’articolo mi è stato richiesto un parere personale ispettivo su di una disputa apparentemente futile che ha aperto un processo di calunnie reciproche nei confronti di due testimoni ultimi e amici di Leopardi quando era in fin di vita. (aveva 39 anni), Le due tesi evidenziano che era in atto il colpo di Stato in Italia per un progetto ambizioso di riunificare i diversi regni in un solo stato: l’Italia.

    La poesia in questione mette in luce il doppio senso di un dirigente politico come Leopardi che utilizzava nelle poesie i messaggi e gli ordini, ma che per un attento lettore se a conoscenza dei preamboli che precedettero il Risorgimento si accorge del cambiamento di senso sul progetto rivoluzionario di Leopardi. Che Leopardi fosse stato allontanato dal Governo e dai giornali è arcinoto in quanto avevano decriptato la sua rivoluzione in atto non capendo bene la vera portata. Fu isolato e in quell’esilio politico i contatti con Ranieri confermano lo spirito risorgimentale di Leopardi. Non è un caso che poi se le sue opere verranno osannate dai giornali risorgimentali.

    La differenza ta i due aggettivi come quello di “Giovinezza” di Antonio Ranieri e “Giovanezza” da parte di Schulz fanno suonare la campana d’allarme pro Repubblicana.

    Leggiamo i versetti di Leopardi per capite il senso politico sull’appropriazione nelle scelte. Pro francese o pro prussiano? pro repubblicano o proche cosa? Un bel dilemma, vediamolo aggiornando qualche parola modernizzandola :

    Simile in una notte solitaria
    Sovra campagne inargentate ed acque,
    Là il ‘vento zefiro aleggia,
    E mille vaghi aspetti
    E ingannevoli obbietti
    Fingono l’ombre lontane
    Infra l’onde tranquille
    E rami e siepi e collinette e ville
    Giunta al confine del cielo.

    Per Schulz la luna tramonta in mare spiegando il poeta gli effetti naturali a Recanati (poesia paesaggistica notturna) il Mare in causa e’ il mar mediterraneo dove le sagome scure sono navi da guerra )ì(ingannevoli obiettivi)
    Per Ranieri che sta a Napoli, il mare di cui parla il poeta guarda Occidente e: i mille vaghi aspetti/ e ingannevoli obiettivi/ fingono ombre lontane/ in fra le onde tranquille…. sono la Marina inglese e francese che pattugliano i mari

    Prosegue:

    Dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno
    Nell’infinito seno
    Scende la luna; e si scolora il mondo; (Quindi la Luna tramonta nel Tirreno nell’infinito seno che è il golfo di genova e Costa Azzurra

    Spariscono l’ombre, ed una
    Oscurità la valle e il monte imbruna;

    Orba la notte resta, (orbo è il golfo polifemico di Nettuno)

    E cantando, con mesta melodia,
    L’estremo albor della fuggente luce,
    Che dianzi gli fu duce,
    Saluta il carrettiere dalla sua via; …

    per Schulz l’immagine riparte dall’Adriatico (appoggio navale Austroungarico)
    per Ranieri non cambia il punto cardinale restando quello Tirreno angolo francesi.

    prosegue,

    Tal si dilegua, e tale
    Lascia l’età mortale
    “La giovinezza”. In fuga
    Van l’ombre e le sembianze
    Dei piacevoli inganni; e vengono a meno
    Le lontane speranze,
    Ove s’appoggia la mortal natura.

    Abbandonata, oscura
    Resta la vita. In lei porgendo lo sguardo,
    Cerca il confuso viandante invano
    Del lungo cammino che avanzar si sente 30
    Meta o ragione; e vede
    Che a sé l’umana sede,
    Lui verso lei si è fatto estraneo veramente

    E qui il poeta comincia ad avere dei dubbi per il ritardo del Risorgimento riversando sul viandante ombra. nel gergo militare l’uomo “ombra” è una spia che trama contro l’ordine costituito
    per Shul è una condizione dell’anima che si fa delusione in quanti il viandante vaga smarrito al buio senza vedere la strada

    prosegue:

    Troppo felice e lieta
    Nostra misera sorte
    Parve lassù, se il giovanile stato,
    Dove ogni ben di mille pene è frutto,
    Durasse tutto della vita il corso.

    Qui scatta la critica politica di Leopardi il quale sa che il nuovo Stato chiederà tributi superiore al vecchio stato, la vita, di mille combattenti e mille pene per tutta la vita.

    continua:

    Troppo mite decreto (in confronto)
    Quel che sentenzia ogni animale a morte,
    Se anche mezza la via
    Lor non si desse in pria
    Della terribile morte assai più dura.

    D’intelletti immortali
    Degno trovato, estremo
    Di tutti i mali, ritrovaqre gli eterni
    La vecchiezza, ove fosse
    Incolume il desio, la speme estinta,
    Secche le fonti del piacer, le pene
    Maggiori sempre, e non più dato il bene.

    continuain lui il dubbio sul futuro progetto Cosmopolita a cui aderì in gioventù “la rivoluzione permanente” in Europa che perderà l’accomodante e tranquilla vita fatta di poco, cominciando ad intravvedere i segnali di un futuro sforzo per una ragione che non apparterrà mai al popolo insorto. (ma ai solo Borghesi ancora nascosti)

    ed infine :

    Voi, collinette e spiagge,
    Caduto lo splendor che all’occidente
    Inargentava della notte il velo,
    Orfane ancor gran tempo
    Non resterete; che dall’altra parte
    Tosto vedrete il cielo
    Imbiancar nuovamente, e sorger l’alba:
    Alla qual poscia seguitando il sole,
    E folgorando intorno
    Con sue fiamme possenti,
    Di lucidi torrenti
    Inonderà con voi gli eterei campi.

    Ma la vita mortal, poi che la bella
    “Giovinezza” sparì, non si colora
    D’altra luce giammai, né d’altra aurora.

    Napoli borbonica cadrà 10 anni dopo la morte di Leopardi sotto la violenza della “Primavera dei Popoli” 1847/48 che rese indipendente subito la Sicilia.Una rivoluzione che si estese in tutti gli stati europei coinvolgendo anche la Germania e Austria delle quali Leopardi nitriva simpatie coi Cosmopoliti tedeschi.

    Ranieri visse due tragedie in una, il tradimento in qualità di Cosmopolita verso al sua stessa Napoli aizzando i motti della Primavera dei Popoli” preferendo la Francia come guida alleata e che in pochi anni verrà la Corona di Spagna scalzata dalla Marina Americana, subendo sconfitte clamorose non ultima a fine 800 a Cuba dove perderà l’intera flotta non risollevandosi più.
    Nel disegno dei motti europei Leopardi da che parte stava?
    Schukl dovette fare il pompiere ed eliminare la parola “Giovinezza”, slogan del nuovo impero Cosmopolita che avanzava politicamente in tutta europa mentre il Ranieri olle Leopardi Stella splendente nella sua scuderia filo francese.

    Fu una bella gara appropriarsi il Leopardi nel legittimarlo ai Motti, ma nella sua tristezza conica Leopardi dava i primi segni di cedimento. Una pedina come lui non si poteva perdere, e ricorda molto la tragedia di Mozart e Salieri dove al capezzale del genio si modificavano spudoratamente le ultime note degli autori per fini diversi che Arte ebbe a dettare al genio umano.
    Chi ha terminato l’opera in questa infausta sentenza mortifera nel popolo italiano? Leopardi ha la sua buona e cattiva responsabilità. Riposi in pace.

    Allora mi sovvengono le ultime parole truccate da terzi dove “Giovinezza” e “Giovanezza” era una unica organizzazione medesima che volevano i loro capi avere il sopravvento sull’altro stato insurrezionale per altri fini di appartenenza. La storia moderna ci svelerà le trame, combattendosi tra loro guerre feroci.

    e medita Leopardi per chi è poeeta:

    Ma la vita mortale, poi che la bella
    “Giovinezza” sparì, non si colora
    D’altra luce giammai, né d’altra aurora.

    “Vedovanza è in seno il fine; ed alla notte
    Che l’altre ere oscura,
    Segno posero gli Dei la sepoltura.

    La frase del suo testamento politico profetico finiva cosi o diversamente?
    Non lo sapremo mai. Sappiamo che per in meridione d’italia finiva un periodo allegro e aureo e per la Germania si prospettava un futuro malsano, inseguendola anche noi nelle Chimere! Chimere! Chimera!

    Tosto vedrete il cielo
    Imbiancar nuovamente, e sorger l’alba:
    Alla qual poscia seguitando il sole,
    E folgorando intorno
    Con sue fiamme possenti,
    Di lucidi torrenti
    Inonderà con voi gli eterei campi. (di battaglia)

    Maestro Giacomo Leopardi, riposi con la sua anima in pace e grazie.

    FiloRossoArt

    PS: scusatemi se sono stato prolisso ma non si possono rendere scorciatoie con Leopardi.

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