Storia

Rosa Parks: il coraggio dietro un “No!”

In una sera come tante altre, dopo una lunga giornata di lavoro, una sarta dell’Alabama prese l’autobus per tornare a casa. Rosa Parks compì un gesto che scolpì quella sera nella storia dell’umanità: rifiutò di cedere il posto a un bianco, come imposto dalle leggi segregazioniste in vigore, dando inizio a una svolta memorabile.

Il segregazionismo

Nel 1865, con il XIII Emendamento della Costituzione, venne abolito lo schiavismo. Nelle regioni meridionali dell’America, però, si insediò il segregazionismo attraverso le cosiddette leggi “Jim Crow”: gli afroamericani erano considerati teoricamente uguali, ma concretamente diversi in quanto tenuti separati. Infatti, nella vita sociale e in tutti i luoghi pubblici essi erano rilegati in appositi settori.

Lo storico autobus custodito presso il National Civil Rights Museum idi Memphis. Al suo interno, seduta, è presente una celebre scultura che ritrae Rosa.

In particolare, sugli autobus le regole erano precise perché la parte posteriore era riservata ai neri, quella anteriore ai bianchi e, infine, la parte centrale era di proprietà comune, ma con obbligo di priorità ai secondi.

Umiliazioni continue e dure restrizioni portarono alla nascita di movimenti per i diritti civili.

Una donna forte

Rosa Louise McCauley nacque il 4 febbraio 1913 a Tuskegee, un piccolo paesino dell’Alabama. Crebbe in una famiglia umile e con il passare degli anni diventò un’abile sarta. Respirò fin da bambina il contesto difficile che le era riservato.

Nel 1932 sposò Raymond Parks, un barbiere attivo nel combattere il segregazionismo: la giovane ne sposò anche gli ideali. Nel 1943 fu nominata segretaria della sede locale a Montgomery del NAACP, l’Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore, e affrontò numerosi casi. Nel 1954, la città in questione accolse il suo nuovo pastore che aderirì anche all’Associazione: Martin Luther King.

Un gesto e le sue conseguenze

L’anno dopo, nella sera del primo dicembre, Rosa uscì da lavoro e attese l’autobus per tornare a casa. Non trovando posto in fondo, si sedette nella zona comune. A una delle fermate successive salì un uomo bianco e l’autista intimò la donna di alzarsi per cedergli il posto, ma la risposta che ricevette fu spontaneamente negativa. In quel “No!” coraggioso era racchiusa tutta l’insofferenza accumulata, la stanchezza nei confronti dell’ingiustizia.

La polizia, chiamata in causa, giunse e procedette con l’arresto. Rosa, grazie alla cauzione pagata da un avvocato, fu poi rilasciata. Nel giro di poco la notizia si diffuse e con essa le reazioni: inizialmente, di impulso, furono violente e poi, col sopravvenire della lucidità, pacifiche.

Il 5 dicembre, giorno del processo che si concluderà con una multa, venne stabilto il boicottaggio dei mezzi pubblici. King decise di estenderlo a oltranza, con l’obiettivo di sconfiggere la disuguaglianza. Ci fu una grandissima collaborazione per più di un anno: nessuno salì sugli autobus, e i taxisti abbassarono i prezzi per supporto.

Quando gli affari dell’azienda dei trasporti di Montgomery colarono a picco, la Corte Suprema degli Stati Uniti si decise a intervenire e il 13 dicembre 1956 la politica della segregazione sui mezzi venne ritenuta incostituzionale.

Rosa Parks. My Story

Rosa ricevette molte minacce di morte dai sostenitori della disparità. Fu costretta a trasferirsi a Detroit dove continuò la sua missione, sempre appoggiata da King, e senza smettere di fare la sarta. Diventò il simbolo dei diritti civili e nel 1965 divenne segretaria di John Conyers, membro democratico del Congresso.

La celebre scultura di Rosa

Nel 1987, in memoria del marito Raymond, ispiratore dei suoi ideali, fondò un centro con l’obiettivo di aiutare ed educare i giovani: il Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development è attivo ancora oggi. Rosa morì il 24 ottobre 2005 a Detroit, per cause naturali.

Nella sua biografia, Rosa Parks. My story, pubblicata nel 1999, racconta:

Le persone dicono sempre che non ho ceduto il mio posto perché ero stanca, ma non è vero. Non ero stanca fisicamente o non più di quanto non lo fossi di solito alla fine di una giornata di lavoro. Non ero vecchia, anche se alcuni hanno un’immagine di me da vecchia allora. Avevo 42 anni. No, l’unica cosa di cui ero stanca era subire.


Grazie per aver letto l’articolo! Se vuoi ancora immergerti nella storia, ti consiglio la nostra sezione dedicata.

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