Pittura

Kandinskij tra arte e musica

Il più ricco insegnamento viene dalla musica. Salvo poche eccezioni, la musica è già da alcuni secoli l’arte che non usa i suoi mezzi per imitare i fenomeni naturali, ma per esprimere la vita psichica dell’artista e creare la vita dei suoni.

Vasilij Vasil’evič Kandinskij


Secondo Kandinskij, precursore e fondatore della pittura astratta, i colori sono in grado di comunicare con chi li osserva generando effetti differenti per sinestesia.

Il pittore elaborò a riguardo una sua teoria nel saggio “Spiritualità nell’arte” dedicando particolare attenzione alla dipendenza tra la propria arte e la musica.

L’ispirazione dalla musica di Schönberg

Kandinskij imparò a suonare il violoncello da bambino: fin dalla più tenera età, sentì di essere profondamente legato alla musica.

Rilevante e fondamentale fu il concerto del compositore austriaco Arnold Schönberg a cui l’artista assistette a Monaco nel 1911. Significativamente colpito dalle note inquiete e nervose del pianoforte, dipinse su tela quello spettacolo sonoro in Impression III (Concert)” iniziando di lì a poco uno scambio epistolare con il musicista.

Fu la genesi della fase astrattista più acuta di Kandinskij. Non a caso, l’artista intitolò i suoi tre gruppi di opere più famose attingendo dal lessico musicale: si tratta di “Impressioni”, “Improvvisazioni” e “Composizioni”.

Kandinskij si convinse che l’anima, paragonabile a un pianoforte, possedesse numerose corde che l’occhio, a mo’ di martelletto, era in grado di percuotere grazie all’azione di un tasto, il colore.

“Impressione III (Concert)” (1911) – Vasilij Vasil’evič Kandinskij

L’importanza dei colori

Secondo la teoria esposta nel saggio “Spiritualità nell’arte” del 1912, le tinte possono cagionare un effetto fisico, determinato dalla registrazione da parte della retina di un colore piuttosto che di un altro, e un effetto psichico prodotto dalla vibrazione dello spirito che il colore determina quando incontra l’anima.

In “Giallo, rosso, blu”, per esempio, i protagonisti assoluti sono i tre colori primari intesi come note e suoni armonici.

“Giallo, rosso, blu” (1925) – Vasilij Vasil’evič Kandinskij

Ogni tinta può essere per il pittore assimilata a uno strumento: il giallo, vulcanico e prorompente, al suono di una tromba; il rosso, caldo e vitale, al suono di una tuba; l’azzurro al suono di un flauto; il blu scuro, profondo ed intenso come il mare, al suono di un organo; il verde al violino; l’arancione ad una campana di suono medio.

Il bianco, invece, che è dato dalla somma di tutti i colori dell’iride, viene paragonato ad un non-suono simile alla pausa tra una battuta e l’altra di una sonata. Il nero, ancora, è un non-colore e viene paragonato alla pausa finale di un’esecuzione musicale.

Guardando il dipinto, è possibile cogliere le diverse zone di colore come un andamento musicale che cambia a seconda del punto in cui partiamo a muovere lo sguardo. La fruizione delle opere di Kandisnskij è per questo motivo paragonabile a un percorso intrapreso in maniera personale dall’anima di ciascuno di noi.

Curiosità: qualcuno ha intravisto nella parte in giallo la sagoma di un uomo che diventa (roteando di 180 gradi il dipinto) quella di un gatto. Vedete la stessa cosa?

I suoni e i movimenti

Ogni colore aveva per Kandinskij un odore, un sapore e, ovviamente, un suono.

Il pittore individuò così un pentagramma artistico per orientarsi nella composizione di un quadro attraverso la combinazione di quattro note principe – il caldo, il freddo, il chiaro e lo scuro – in quattro tempi musicali: caldo-chiaro e caldo-scuro, freddo-chiaro e freddo-scuro.

Il punto di riferimento per i colori caldi è il giallo, quello dei colori freddi è l’azzurro. A queste due polarità, Kandiskij attribuì due movimenti: uno orizzontale, tipico delle tinte fredde che “indietreggiano” rispetto a chi guarda, e uno radiante caratteristico delle tinte calde che “si avvicinano” allo spettatore.

Le forme

Ma il colore da solo non basta in quanto imprescindibile dalla forma secondo la teoria del pittore. Tutto ha inizio dal punto, un vero e proprio nucleo di significato statico che prende si materializza nel momento in cui l’artista entra in contatto con la tela. Attraverso la linea, dinamica, esso inizia a muoversi curvando quando l’emozione è lirica, spezzandosi quando invece la sensazione è drammatica.

Ci sarebbero poi alcune forme specifiche che intrattengono con i colori un rapporto per così dire privilegiato come il giallo fa con il triangolo, il blu con il cerchio e il rosso con il quadrato.

Lo spessore del tratto è una delle ultime dimensioni prese in esame da Kandinskij perché malleabile sulla base dei punti visti sopra.

Astrattismo armonico

La composizione di un quadro per il pittore deve rispondere a una necessità interiore:

«L’artista deve cercare di modificare la situazione riconoscendo i doveri che ha verso l’arte e verso se stesso, considerandosi non il padrone, ma il servitore di ideali precisi, grandi e sacri. Deve educarsi e raccogliersi nella sua anima, curandola e arricchendola in modo che essa diventi il manto del suo talento esteriore, e non sia come il guanto perduto di una mano sconosciuta, una vuota e inutile apparenza. L’artista deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto».

Kandinskij giunse a questo concetto chiave grazie all’interesse per la teosofia, dottrina filosofico-religiosa che combina la conoscenza mistica con l’indagine scientifica. Lucidità e consapevolezza artistica sono essenziali e dotano l’astrattismo di razionalità, proprio come le religioni in tutto il mondo professano rituali e comportamenti sulla base di una verità fondamentale particolare e, tuttavia, più celata e profonda.


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